Cosa vuol dire “andare oltre” nella realtà dei disturbi psichiatrici?

L’interesse verso le problematiche psichiatriche e la possibilità di lavorare con patologie gravi per la loro rigidità e ripetitività, nasce nel 1999 quando ebbi un’esperienza (di due anni) presso il 2° Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura di Padova, partecipando a un programma riabilitativo per i pazienti dell’Ospedale ai Colli (PD). La maggior parte dei pazienti sono ospedalizzati da più di trent’anni in regime residenziale e quello che mi colpisce fin dall’inizio è la capacità delle persone ricoverate di adattarsi al contesto. Intendo con ciò, la capacità di utilizzare il piccolo spazio di autonomia all’interno del Centro, per poter stringere relazioni e assumere ruoli specifici su schemi valoriali definiti dai pazienti stessi.

Il primo obiettivo è quello di “andare oltre” alla patologia e scoprire, e accogliere, i valori soggettivi di ognuno che mi permettono di creare la comprensione e la fiducia necessarie per instaurare una buona relazione.

Certo, sembra un obiettivo ovvio, ma non sempre è facile raggiungerlo, soprattutto perché la maggior parte delle persone sono ricoverate in regime residenziale da dieci, venti e più anni e sottoposte a interventi clinici anche invasivi e continuati nel tempo. Le dinamiche relazionali che si instaurano subiscono pesantemente l’influenza di un contesto altamente clinico “abitato” da operatori sanitari e da pazienti definiti “psichiatrici” che hanno soprattutto difficoltà a gestire le emozioni e spesso sono schiavi delle loro fantasie allucinatorie che diventano parte integrante delle relazioni quotidiane.

Dal 2000 al 2002 collaboro, col 2° Servizio di N.P.I infantile e il Centro per l’Autismo di Verona, per la valutazione psicodiagnostica dei bambini con difficoltà psicologiche e dei bambini autistici, oltre che partecipare ai colloqui e il sostegno psicologico della famiglia.

In questo periodo partecipo anche a una ricerca, presentata a un convegno internazionale sull’autismo nel 2001. Questi due anni mi hanno permesso di comprendere i limiti, dei professionisti clinici e dei ricercatori, verso questa patologia così complessa che lascia ancora molti interrogativi. Allo stesso tempo ho potuto scoprire aspetti unici e straordinari nelle potenzialità dei giovani pazienti che a volte hanno saputo sorprenderci con competenze straordinarie e inaspettate. Noi, i cosiddetti “normodotati”, non eravamo sempre in grado di capire quale fosse la chiave di entrata nel mondo di una persona con sindrome autistica, erano spesso loro che ci sapevano sorprendere!

QUALE REALTA’?

Dal 2002 al 2003 collaboro, con l’ospedale Villa S.ta Giuliana, in qualità di responsabile di un’attività riabilitativa di gruppo, rivolta ad adolescenti psichiatrici. L’intervento ha lo scopo di aiutare i ragazzi a costruire e mantenere l’esame di realtà focalizzandosi sugli aspetti del passato, del presente e del futuro.

Per permettere ciò, utilizzo delle proiezioni cinematografiche che mostro ai ragazzi, di avventura o commedie selezionati precedentemente dal responsabile del reparto. Ad un certo punto interrompo la visione per poi commentare insieme quanto visto fino a quel momento, tenendo conto di tre obiettivi: Cosa è successo, cosa succede e come mi aspetto finisca.

Partendo dall’esame di realtà delle ultime scene viste, passo alla fase della ricostruzione degli eventi visti precedentemente, per poi formulare delle fantasie future sull’evoluzione degli stessi eventi.

Gli obiettivi erano diversi:

– costruire una realtà possibile e condivisibile
– accettare il confronto di idee
– identificarsi con gli attori
– differenziarsi dai compagni, nel proprio modo di pensare e ricordare i fatti
– rispettare tempi e modalità di un’attività
– avere uno spazio di piacere
– i ragazzi si fanno coinvolgere totalmente dal progetto e mi sorprendono per le interessanti risposte che danno alle mie domande. Devo dire che certi finali proposti da loro sono nettamente più interessanti di quelli visti!

Alla fine dell’attività, nasce sempre un gruppo spontaneo di condivisione, in cui, liberamente, i ragazzi decidono di parlare un po’ di sé e raccontare la loro storia, quella vera, che li ha portati lì, in un ospedale per adolescenti psichiatrici.

OGNI GIORNO E’ UN GIORNO SPECIALE!

Dal 1999 al 2001 seguo un master sul counseling in Oncologia curato dall’Università Pontificia di Roma. All’inizio del 2002 frequento l’Hospice di Cologna Veneta e sempre nel 2002 fino al 2006 presto servizio presso il reparto diOncoematologia Pediatrica del Policlinico GB. Rossi di Verona come Psicologo di sostegno per bambini e familiari, oltre che per il sostegno e la formazione del personale sanitario e dei volontari.

In questo periodo di attività ospedaliera, con i minori, metto a punto il lavoro con i disegni, rivolto ai bambini, e con i sogni, rivolto agli adolescenti e ai genitori. A questo si aggiunge il ricco scambio che ho col personale sanitario di reparto, la dr.ssa Rita Balter e con il primario, il dr. Pierluigi Marradi, entrambi medici straordinari che operano ogni giorno con dedizione e umiltà, per curare i bambini portatori di una malattia oncologica. Maestri di amore e di vita.

Lavorare nella realtà della malattia oncologica per molti anni, mi porta a perfezionare degli strumenti utili per aiutare la persona, minore o adulto, ad affrontare le fantasie angoscianti e la realtà difficile che l’accompagnano per tutto il percorso di cura e successivamente anche nella fase dei controlli periodici o in caso di aggravamento e morte.

L’impegno ad aiutare un bambino con una malattia grave a superare il pesante vissuto di esclusione, di paura, di solitudine, di impotenza e di perdita che lo accompagna in ogni fase di cura, è per me un profondo insegnamento di vita e di amore. Come lo è imparare da loro a ridere, a giocare e a vivere come se, ogni giorno, fosse un giorno speciale.

I volontari del reparto, alleati silenziosi e discreti, che con il loro affetto e la loro presenza portano gioia e danno un aiuto concreto alle famiglie rendendosi disponibili ad accogliere i loro bisogni. I genitori con cui combatto perché non crollino e possano mantenere stabile e sufficientemente sereno il loro modo di essere padre o madre. Come anche le risate dei bambini e dei ragazzi, i loro dubbi, le paure e i desideri e tutto quanto ancora condividiamo assieme, ogni giorno di quei quattro indimenticabili anni, restano sempre nel mio cuore.

QUALI CURE NELLA MALATTIA FISICA GRAVE, NON CURABILE?

Dal 2007 al 2012 compreso, opero all’Hospice di Marzana a fianco dei malati oncologici e dei loro familiari, oltre che col personale sanitario.

L’Hospice accoglie persone con patologia grave, non curabile, che richiede le attenzioni di un’équipe multidisciplinare che possa intervenire a diversi livelli: medico, infermieristico, assistenziale, sociale, psicologico e spirituale.

Gli obiettivi del Centro sono: la gestione dei sintomi e la qualità di vita del paziente e dei familiari. L’accompagnamento nel percorso di cura è rivolto sia al paziente sia ai suoi familiari proprio perché la serenità del malato è direttamente correlata alla serenità dei suoi cari e viceversa. I ricoveri avvengono non solo per la gestione dei sintomi, ma anche per alleggerire il carico dei familiari. Tutta l’équipe lavora con questi obiettivi e la figura dello Psicologo è necessaria per affrontare le situazioni più complesse che coinvolgono emotivamente il paziente, il familiare e il personale sanitario.

IL SOSTEGNO PSICOLOGICO NEGLI STATI VEGETATIVI

Dal 2009 al 2012 ho l’incarico dell’I.A.A. (Istituto Assistenza Anziani) di lavorare presso il reparto degli Stati Vegetativi di Marzana per il sostegno dei familiari di persone ricoverate presso il Centro. Quest’ultima esperienza mi porta a contatto con una realtà dolorosa e a volte incomprensibile che sembra non avere mai fine. Una realtà dura e inflessibile, che non permette al familiare di elaborare la propria dolorosa perdita, lasciandolo per anni in sospeso in una situazione di totale incertezza e di colpa.

Attualmente svolgo l’attività presso lo studio di via Ponte 17 a San Martino Buon Albergo e collaboro con diversi professionisti del settore.

Patrizia Baroncini Lanzini Donzelli