Lucio Della Seta rappresenta così il senso di colpa: “Le vere ragioni dell’angoscia che possiamo avere per un’interazione passata, presente o futura, ci sfuggono, perché il vero motivo è un dubbio antico di essere inadeguati e perciò inaccettabili da parte degli altri…ed è un motivo inconscio” (Lucio Della Seta2005).

LA NASCITA DEL SENSO DI COLPA

Dai due anni di età il bambino utilizza le norme del contesto affettivo per regolarsi nella vita ed è in grado di riconoscere le regole e riprodurle, ma senza elaborarle cognitivamente. Ad esempio può utilizzare la regola “Non toccare il fuoco!”,quando vede qualcuno che cerca di toccare “il fuoco”, comeriproduzione delle regole che ha sentito e visto nel mondo esterno. Non è elaborata mentalmente e non contiene un vero senso di colpa.

A tre anni il bambino sa regolarsi in funzione degli stati emotivi percepiti negli altri, come la tristezza o la paura, ma non è ancora in grado di identificare specificatamente il rapporto causa-effetto di ciò che ha suscitato quella emozione.

A quattro anni inizia a riconoscere il senso di colpa nelle sue azioni e lo perfeziona intorno agli otto anni, età nella quale è in grado di vivere il senso di colpa proprio come un adulto.

Per sperimentare il senso di colpa è necessario avere specifici strumenti cognitivi ed emotivi

♦ una certa consapevolezza della propria identità che si differenzia dagli altri,
♦ la capacità di valutare il proprio vissuto in relazione all’azione commessa,
♦ la capacità di attribuire a sé la responsabilità dell’azione (causa-effetto).

LE COLPEVOLIZZAZIONI

Secondo Della Seta (2005), i genitori detengono, mediante l’uso delle colpevolizzazioni, il potere inconscio e multiforme di far nascere e crescere nei figli il dubbio e talvolta la certezza di essere inadeguati, per propria colpa, poiché la colpevolizzazione è lo strumento più potente che abbiamo per colpire qualcuno nella stima di sé e per farlo sentire sbagliato. L’emozione di delusione o sofferenza del genitore rinforza il senso di colpa.

Diversi ricercatori sostengono che il sentimento di colpa sia strettamente connesso alla capacità del bambino di sperimentare l’empatiaverso gli altri. Il dispiacere empatico per il dolore dell’altro si trasforma, attraverso elaborazioni cognitive, in colpa.

La paura di perdere la persona cara o di essere da lei abbandonati, paura della separazione, porta a non esprimere la rabbia per non ferire l’altro che ci può rifiutare. Il sentirsi in colpa ha una funzione adattiva, evitando di esprimere la rabbia il bambino si garantisce la vicinanza del genitore.

La persona che emette un messaggio “Sei cattivo se non fai…”, implicitamente vi sta dicendo che vuole esercitare un controllo su di voi per soddisfare i suoi desideri e pretende che voi siate responsabili delle sue emozioni e della sua sofferenza.

SITUAZIONI CHE CREANO IL SENSO DI COLPA

Gli avvenimenti esterni che possono causare il senso di colpa sono:

♦ quando un genitore è iperprotettivo,
♦ quando un genitore o un fratello è ammalato,
♦ richiami o critiche al comportamento del bambino davanti a delle persone,
♦ quando il genitore disconferma il figlio: “Ho visto di meglio!”, “Senti un po’ che avvenimento!..”, “Tutto qui quello che sai fare!”, “Non toccare il mio vestito, lo rovini di sicuro!”, “Non so se vale la pena di iscriverti a quella scuola!”,
♦ quando i genitori danno grande importanza alla risposta sociale. es: “Cosa pensano gli altri?”. Paura del genitore di fare una brutta figura,
♦ quando il genitore rende responsabile il figlio della propria sofferenza,
♦ quando il genitore non è felice/sereno o è depresso,
♦ quando il genitore sottolinea i comportamenti sbagliati del figlio e non quelli corretti,
♦quando un genitore si lamenta del partner davanti al bambino (desiderio di sostituirlo),
♦ quando il genitore è autoritario e non autorevole,
♦ quando il genitore fa credere al bambino che agisce per il suo bene,
♦ quando i genitori hanno aspettative sul figlio diverse dalle sue e le loro ne risultano deluse,
♦quando il genitore ritira l’affetto al figlio per sottometterlo o per renderlo dipendente,
♦ quando il genitore arrabbiato sfoga la sua rabbia con sfuriate violente e umilianti,
♦ quando il genitore rifiuta il figlio che non è voluto/desiderato,
♦ quando il genitore colpevolizza il figlio per le manifestazioni sessuali. Es: per la masturbazione. Le conseguenze possono portare a difficoltà nell’orgasmo e impotenza.

Come vedete questi esempi rappresentano comportamenti che in generale tutti abbiamo assunto, anche solo una volta nella vita. questo ci aiuta a capire che siamo tutti esseri umani fallibili e quindi accettabili nei nostri limiti. L’importante è riconoscere l’errore, accettarsi e riparare, usando l’esperienza per migliorarci.

DALLA COLPA AL CONTROLLO SOCIALE

Frasi indirette come “Il papà sta male per colpa tua” o “Non preoccuparti per me, pensa a divertirti” , detto con tono sofferente, comunicano un messaggio opposto:

“Se esci e ti diverti, io (o papà) starò male”, hanno l’obiettivo, spesso inconscio, di controllare l’altro per far si che rinunci ai suoi bisogni.

Il controllo sociale è un mezzo usato soprattutto nelle famiglie molto legate affettivamente o in gruppi sociali chiusi.

Può succedere che vi si accusi di essere la causa della vergogna della famiglia e, di conseguenza, responsabile della loro sofferenza. Se realmente avete compiuto azioni che la vostra famiglia vive come vergogna, potete riconoscere l’azione, sentire il rimorso che è differente dalla colpa e attivarvi nel riparare il danno percepito dagli altri. Nel caso in cui viviate solo il senso di colpa e non il rimorso costruttivo rischiate di cadere in continue autoaccuse sul vostro comportamento sbagliato impedendovi di riflettere sul motivo e sui fattori coinvolti che vi hanno portato a compiere quell’azione.

Nella rigidità del pensiero autoaccusatorio attivate un circolo chiuso di svalutazione di sé che vi fa sentire non meritevole, cattivo, oltre a percepirvi incapaci nel trovare una via d’uscita al vostro problema.

colpa

COME NASCE QUESTO MECCANISMO?

Nell’infanzia impariamo a empatizzare col disagio degli altri (le figure di riferimento), dobbiamo rinunciare a essere empatici con noi stessi, spinti dal senso di colpa, accantoniamo i nostri bisogni per prenderci cura dei bisogni altrui. Se non ci sentiamo, anche solo parzialmente, riconosciuti proviamo rabbia per il torto subito, è naturale, ma continuiamo a dare la priorità a chi amiamo per non sentirci colpevoli di portare ulteriore sofferenza e per la speranza di essere prima o poi riconosciuti, rimanendo in un’attesa… che può durare tutta la vita.

Purtroppo il senso di colpa è un’emozione sociale (Barrett, 1995) che é SEMPRE legata alla rabbia. Ogni emozione primaria (rabbia, paura, gioia e tristezza) può essere indipendente dalle altre, per es. si può provare paura davanti a un pericolo, tristezza per una perdita, gioia per un evento positivo e rabbia per un torto, senza doversi sentire in colpa. Riguardo al senso di colpa, non è possibile provare questa emozione sociale senza provare rabbia, ma quest’ultima rimane schiacciata dal senso di colpa.

Come ripeto spesso in terapia ai miei pazienti “Non esiste senso di colpa senza rabbia, mentre esiste la rabbia, pura, senza senso di colpa!”

Infatti quando in terapia lavoro sulle emozioni legate al senso di colpa emerge sempre la rabbia, rivolta verso l’altro e verso sé.
Questa rabbia, più o meno intensa, accompagna il senso di colpa per tutta la vita, ma la sua percezione tende a svanire negli anni lasciando il posto al senso di colpa puro.

Quando siete molto severi con voi e vi criticate e colpevolizzate, ma non assumete lo stesso atteggiamento critico con gli altri,  vuol dire che sapete accogliere il limite altrui come essere umano fallibile, ma non vi permettete la stessa accoglienza per voi stessi. Se questo succede vuol dire che vi sentite onnipotenti, potenti e capaci di fare di più o di cambiare, e valutate l’altro impotente o umanamente fallibile o incapace di fare di più.

Significa che siete un soggetto sensibile al senso di colpa.

IL SENSO DI COLPA CI ALLONTANA DA CHI AMIAMO

L’angoscia provata per il senso di colpa rende difficile prendere le distanze dall’accaduto per valutare le cause del vostro sentire e trovare le strategie per uscirne. I sentimenti di colpa vi impediscono la comprensione delle implicazioni nel rapporto con l’altro. Non siete consapevoli del ruolo che ipensieri di colpa hanno sulle relazioni perché siete profondamente preoccupati del vostro agire, colpevole e immorale. Vi irrigidite nel chiedervi perché avete sbagliato o cosa potete fare di più o semplicemente vi torturate con giudizi invece di relazionarvi con l’altro.

La rigidità del pensiero o come dice Dryden (1994) l’atteggiamento dogmatico porta ad una serie di giudizi verso voi stessi:

→ che non dovevate pensare o comportarvi in questo modo,
→ che dovevate fare di più,
→ che è estremamente negativo ciò che avete pensato o fatto,
→ che non sopportate l’idea di quello che avete pensato o fatto,
→ che vi sentite in colpa per quello che avete pensato o fatto,
→ che siete cattivi e immorali.

Tutto ciò vi impedisce di essere presenti nella relazione con l’altro e di riflettere sul motivo reale che vi ha portati a pensare o fare quell’azione che considerate “immorale”.

Come fate a cogliere i reali bisogni dei vostri cari se siete concentrati a colpevolizzarvi? Come fate a conoscere le difficoltà se siete centrati sul vostro senso di colpa e non vi confrontate con gli altri?

Pensate di controllare tutto, continuando a pensare alla vostra colpa, invece vi perdete la relazione con i vostri cari. Il tempo dedicato a colpevolizzarvi potreste passarlo a parlare con loro o a condividere le vostre fantasie di colpa e ciò che le ha generate.

Per voi la priorità sono i vostri pensieri e le vostre paure e NON le vostre relazioni attuali!

DALLA COLPA AL RIMORSO COSTRUTTIVO

Anche frasi indirette come “Il papà sta male per colpa tua” o “Non preoccuparti per me, pensa a divertirti” , detto con tono sofferente, comunica un messaggio opposto: “Se esci e ti diverti, io (o papà) starò male”, hanno lo stesso obiettivo = controllare l’altro per far si che rinunci ai suoi bisogni.

Il controllo sociale è un mezzo usato soprattutto nelle famiglie molto legate o in gruppi sociali chiusi. Per esempio può succedere che vi si accusi di essere la causa della vergogna della famiglia e il responsabile della loro sofferenza. Se realmente avete compiuto azioni che la vostra famiglia vive come vergogna, potete riconoscere l’azione, sentire il rimorso per attivarvi e poter riparare.

Nel caso in cui viviate solo il senso di colpa e non il rimorso costruttivo succede che continuate ad autoaccurvi sul vostro comportamento sbagliato, senza riflettere sul motivo e sui fattori coinvolti che vi hanno portato a compiere quell’azione. Nella rigidità del pensiero autoaccusatorio attivate un circolo chiuso di svalutazione di sé che vi fanno sentire non meritevoli, cattivi e incapaci nel trovare una via d’uscita al vostro problema.

Nello schema che segue si distinguono gli effetti dei due sentimenti sociali:

Colpa rimorso

Tanto più siamo in grado di accettare noi stessi nel bene e nel male, tanto più siamo in grado di accettare gli altri.

LA FUNZIONE DEL SENSO DI COLPA

Più è forte il legame affettivo e più vi sentite in colpa per la sofferenza dell’altro. La lettura della mente attribuisce significato agli atteggiamenti degli altri e questo è possibile se si è in grado di identificarsi con le emozioni e gli atteggiamenti di un’altra persona.

COSA SIGNIFICA “LETTURA DELLA MENTE”?

La lettura della mente è quel processo che una persona utilizza consciamente e inconsciamente per “leggere”, interpretare le intenzioni degli altri dando loro un significato. Non è l’esame di realtà su ciò che concretamente è stato detto o fatto, ma è un’attribuzione mentale di quello che l’altro può pensare o fare. La lettura della mente si attiva automaticamente per comprendere gli eventi che non sono totalmente comprensibili.

L’esempio che segue, suggerito dalla collega Elisabetta Belloli, spiega molto bene il meccanismo della lettura della mente attraverso i pensieri della nonna.

<C’è una nonna che decide di andare a trovare in montagna la sua nipote adorata. La nonna ha l’abitudine (giustamente) di giocare a carte con le amiche. La nipote al telefono con la mamma commenta che la nonna passa molto tempo con le amiche, così a titolo di cronaca. La nonna sente la conversazione (si sente in colpa) e pensa che la nipote si senta da lei trascurata, così decide il giorno dopo di non andare a giocare con la amiche (il tutto senza riferire alla nipote). Il giorno dopo il tempo è uggioso, pioviggina, la nipote un po’ annoiata si intrattiene a letto più del previsto. Al risveglio, la nonna un po’ offesa, le dice: “Ho rinunciato a giocare a carte con le amiche e tu cosa fai? Dormi!!!!!” La nipote incredula le risponde (per fortuna!): “Potevi dirmelo, come facevo a saperlo?!”.>

Un’altra nipote avrebbe potuto benissimo sentirsi cattiva e in colpa!

LE EMOZIONI LEGATE AL SENSO DI COLPA

Sono principalmente due le emozioni sottostanti al senso di colpa:
–  Paura inconscia di perdere l’affetto dell’altro che in origine era legata alla paura di perdere la madre o la figura di riferimento.
–  Rabbia inconscia per aver rinunciato ad esprimere i propri bisogni e pensieri per prendersi cura dei bisogni ed emozioni dell’altro.

Quando la persona riesce a esprimere la rabbia per aver rinunciato a manifestare il proprio bisogno, i sensi di colpa si alleviano, ma è necessario un ulteriore passaggio per superarli: bisogna che la persona valorizzi una qualche parte della sua azione, anche utilizzando il confronto con altre persone che hanno punti di vista diversi, visto che non tutti si sentono in colpa per le stesse situazioni.

All’opposto, si può provare senso di colpa dopo aver manifestato rabbia incontrollata solo perché avete difficoltà a tollerare le frustrazioni e agite impulsivamente. Potete autoaccusarvi di essere incapaci a controllarvi e di essere una persona cattiva e sbagliata, senza riflettere sul motivo che vi ha portato a perdere il controllo. Vi sentite sbagliati e cattivi e potete rimanere per lungo tempo in questa rigidità senza utilizzare tutta l’esperienza.

Provare invece un rimorso costruttivo permette di comprendere i fattori interni ed esterni alla persona che hanno scatenato questa reazione per poter imparare dal proprio sbaglio e migliorare il comportamento in futuro.

Dott.ssa Patrizia Baroncini Lanzini Donzelli